Riflessi di Nera Luna

 A partire dal 25 ottobre 2022 abbiamo iniziato a proporre mensilmente una pratica contemplativa incentrata sul simbolismo della Luna Nera. In occasione di ogni lunazione offriremo infatti la possibilità di entrare in contatto con il silenzio interiore che ci abita e che nella Luna Nera trova una perfetta risonanza e simbolizzazione. Per noi infatti essa rappresenta la ritrazione e l'introspezione necessarie alla preparazione del "terreno interiore", che proprio in questa peculiare fase può essere seminato con nuovi intenti. La pratica prevede una fase iniziale nella quale ci concentreremo su tutto ciò che desideriamo lasciare andare, per poi immergerci nell'abbraccio del Silenzio e nella formulazione di un sankalpa (intento propositivo), degno sigillo di questo momento prezioso.
Per noi la Luna Nera simboleggia perfettamente l'introspezione e il silenzio fecondo: attraverso la pratica contemplativa noi passiamo infatti dal pensiero all'Esperienza, dalla parola al Silenzio. Da questo Silenzio, che è vuoto/pieno di tutte le nostre potenzialità, fondo inattivo contenente i semi del tutto, emergono i nostri intenti che verranno seminati nel suolo fertile del nostro Giardino Interiore.

 

 

 

 Riflessioni ispirate dalle Meditazioni di Luna Nera

La potente simbologia della Luna Nera ci offre un occasione per riflettere su come la Presenza si manifesti come apparente "assenza" e su come questo "vuoto" possa rappresentare uno spazio fecondo nel quale lasciare andare alcuni carichi psico-emotivi che ci portiamo inutilmente dietro e, allo stesso tempo, seminare nuovi intenti per un'eventuale svolta nella nostra vita. Osservando la fase della luna detta "calante", notiamo una progressiva diminuzione della sua luminosità e la conseguente ma spesso ignorata preponderanza della sua parte oscura. Il termine sanscrito "pratyahara", concetto chiave del raja yoga, che potrebbe essere tradotto come "ritrazione dei sensi dagli oggetti dei sensi stessi", è il processo di interiorizzazione  anticamera della contemplazione. Questo silenziare i nostri sensi per "entrare in noi stessi" rappresenta sí una ritrazione dal mondo esterno, ma allo stesso tempo una espansione nella nostra interiorità, un radicamento nel Mistero che ci abita il quale svelandosi si ri-vela. Contemplazione per noi significa proprio questo: sprofondare in questo Mistero che tale rimane, abitare in questo Mistero che tale rimane, essere questo Mistero che tale rimane: sempre svelato sempre ri-velato.


La ripetizione di una parola sacra, di un mantra, ci ricollega al il nostro respiro, aprendoci le porte del presente eterno, trasformando ogni azione in un atto contemplativo. Questa parola, ripetuta e radicata nel Cuore, ci permette di esprimere ciò che realmente siamo, oltre la mente concettualizzante, la rapacità dell'ego e le sue indebite appropriazioni. La Divinità è semplicità, la semplicità di una piccola parola, vera preghiera silente. Il tempo della contemplazione è adesso, oltre il tempo. Rimaniamo con questa piccola parola, dimorando nella Grotta del Cuore.


La Presenza, ovvero la nostra natura originaria e divina, è onnicomprensiva, non si sente, né si vede, non è una percezione né un sentimento. La Presenza È, "noi" siamo Presenza. Il processo di spoliazione frutto delle pratiche contemplative offre appunto lo spazio "vuoto" necessario all'emergere di questa consapevolezza, troppo spesso silenziata dai nostri contenuti mentali. Impariamo a essere Presenza nell'assenza godendo di questo vuoto di Pienezza.


Non c'è nessuna connessione all'interno dell'Unità, in quanto non essendoci divisione, non esistono elementi da collegare. Continuare a ripetersi che siamo tutti collegati, che tutto è collegato, non sortisce altro effetto se non quello di acuire il senso illusorio di separazione e l'anelito a colmare questo divario, atteggiamento foriero di infelicità e insoddisfazione. Nella visione non-duale, infatti, tutto ciò che appare come la rete infinita di collegamenti tra gli elementi del mondo e i suoi individui, altro non è che la stessa Unità che si manifesta senza frammentazione nella molteplicità delle connessioni. Ciò che la nostra mente codifica ed esperisce come "mondo", altro non è che la danza beata della Presenza nella propria Unità.


La Vita è ovunque: tutto è Vita. Ci siamo lasciati condizionare a credere che la "vera vita" sia al di fuori di questa fantomatica "zona di comfort", alimentando un inutile ansia da prestazione e una proiezione verso un modello di esistenza puramente aleatorio, immaginario. E se la Vita fosse di più di questa "attesa della luce"? La Vita è ovunque e la viviamo, indipendentemente dal valore che Le diamo poiché in verità è Lei che ci vive... Alcuni invitano (molti ingiungono in verità) ad uscire dalla così detta "zona di comfort", ma per andare dove? Sei davvero convint3 che l'importante sia il viaggio?


 L'origine della ricerca spirituale risiede nel pensiero di essere incompleti, nell'idea che manchi qualcosa affinché si realizzi uno standard tutto mentale di perfezione. La verità è che la Presenza, la nostra vera Natura è già completa e libera, soprattutto dai capricci dell'ego. La ricerca e l'oggetto della ricerca divengono quindi il velo che ci impedisce di gustare la nostra vera Natura, rafforzando il senso dell'io e la sua specificità, creando un "altro" al quale tendere. Più pensiamo di avvicinarci alla nostra meta, più essa si allontana in virtù della distanza e della separazione creata dal sé illusorio e dalla sua smania di raggiungere l'obiettivo, perso e diluito nella sua concentrazione sullo sforzo profuso. Non illudiamoci: non saremo mai all'altezza degli standard fissati dalla nostra mente, non troveremo mai la nostra parte mancante al termine di un'epica cerca. Non esiste nessuna caccia al tesoro. L'unico tesoro, l'Unità non frammentata e irriducibile è il tuo Cuore, che mai fu perduto. Ciò che reclama il pezzo mancante, il complesso egoico, non è mai sazio e trae la sua esistenza fittizia, proprio dal senso di mancanza, che perpetrerà con ogni mezzo: la ricerca del Divino, della Verità è proprio ciò che mantiene viva l'illusione della separazione. Il fine della ricerca è la fine della ricerca.

Non sono pronto, non lo sono mai stato e, a dirla tutta, non ho mai voluto esserlo. Ho annichilito totalmente la mia volontà, rinunciato a ogni resistenza, a ogni conflitto. La mia mano è aperta, non trattiene niente, tutto mi scivola tra le dita. Tutto mi trapassa, non rimane, passa oltre. Più volte trafitto divengo setaccio; faccio passare il visibile per trattenere l'invisibile, quelle minuscole pagliuzze d'oro il cui splendore richiama la mia natura primigenia.


 

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